sabato 9 marzo 2019

LIBERTÀ DI COPIARE. LA STATUA DELLA LIBERTÀ E I PADRI ITALIANI

 Il segreto della creatività è nel non rivelare               le proprie fonti.
Albert Einstein

Ora si copia direttamente googlando. Magari cercando in lingue strane. Una volta ci si affidava alla memoria, al blocchetto degli schizzi, e alle incisioni. E magari potevi pizzicare idee sperando di farla franca. Così, probabilmente, la Statua della Libertà, regalata dalla Francia agli Stati Uniti realizzata dal francese Frédéric Auguste Bartholdi nel 1870, con la collaborazione di Gustave Eiffel, che ne progettò gli interni, qualche padre/madre italiano lo aveva. E anche un po’ islamico, se è vero che avevo già schizzato qualcosa di simile per  Isma'il Pascià, d'Egitto, per progettare un faro in forma di una popolana egiziana fellah (contadina), con una torcia in mano, all'ingresso settentrionale del canale di Suez.
 
Bartholdi versus Pacetti


Poi però emergono due statue praticamente identiche.           La prima è addirittura sul duomo di Milano, Si chiama “La Legge Nuova”, scolpita da Camillo Pacetti (Roma, 1758 – Milano, 1826), intorno al 1810. Si trova sopra al portone Maria Nascendi, e nella mano destra ha una fiaccola, in quella sinistra una croce. In testa ha una corona stellata e, come abito, una tunica greca.
Sicuramente più aderente di un'altra statua nota al tempo, l
a scultura della “Statua della Libertà della Poesia”, sul monumento funebre di Giovan­ni Battista Niccolini nella Basilica di Santa Croce a Firenze. Sempre che non abbiamo fatto un mishmash con “La libertà” di Eugène Delacroix.

Dite voi. Ne avete la massima libertà.

Nicolini




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