martedì 26 settembre 2017

LUIGI DEL BIANCO, LO SCULTORE CHE DIEDE ESPRESSIONE A UNA MONTAGNA

Non so se vi ricordate qualche scena di Good Morning Babilonia il film dei fratelli Taviani nel quale due artigiani toscani creano tra mille difficoltà ambientali le fantasmagoriche scenografie di Intolerance di Griffith nel 1913. Anche a quell’epoca gli artigiani e i tecnici italiani erano infatti i migliori al mondo, tanto che, quando venne proiettato il film Cabiria, in America, lasciò tutti a bocca aperta e i produttori corsero nel nostro Paese ad assumere mano d’opera specializzata.



Tra gli artigiani che si imbarcarono in quegli anni anche Luigi Del Bianco, di mestiere intagliatore e scultore. Era originario di Meduno, in provincia di Pordenone, Friuli, ma era nato a La Havre, in Francia. Aveva studiato a Vienna e a Venezia, ma poi, sollecitato da un cugino che abitava nel Vermont, con il sogno dell’avventura, partì a soli 17 anni, verso il nuovo continente.
Il destino volle che pochi anni dopo la sua arte si incrociò con la follia di Gutzon Borglum, uno scultore che a Parigi aveva studiato con Auguste Rodin e che aveva una idea folle: scolpire a Black Hills, nel Sud Dakota, sul fianco di una montagna, i volti di quattro famosi presidenti degli Stati Uniti: George Washington, Thomas Jefferson, Abraham Lincoln, Theodore Roosevelt, di dimensioni gigantesche: la testa di Washington, per esempio, è alta 18 metri, il naso è lungo 6, gli occhi misurano 3 metri di larghezza e la bocca è larga 5 metri.
I lavori iniziarono il 4 ottobre 1927 e il primo viso, quello di Washington, fu inaugurato circa tre anni più tardi, il 4 luglio 1930. Borglum, che durante i lavori guidava una squadra di ben 360 persone, morì però nel 1941, prima di ultimare l’impresa, che fu portata a termine dal nipote.


Tra i 360 carpentieri assoldati, a Luigi Del Bianco venne affidato l'incarico di dar vita alle espressioni dei volti degli ultimi 3 presidenti. Un compito complicato e molto importante, che l'uomo svolse con una maestria riconosciuta sia dai suoi colleghi che dal responsabile dei lavori Gutzon Borglum che, secondo le testimonianze "non avrebbe affidato a nessun altro questa mansione". La sua abilità gli permise di "avanzare di grado" rispetto agli altri lavoratori sino a Capo Intagliatore.  Del Bianco divenne il portavoce del gruppo ed era proprio lui a parlare direttamente con Borglum per dargli informazioni sulle attività previste, mentre dava vita a una piega delle labbra di Jefferson o allo sguardo di Washington. Un ruolo che solo nel 2017 è stato riconosciuto ufficialmente dalle autorità del National Park Service americano.  Un italiano come tanti, che valeva, secondo il suo superiore, "quanto tre uomini che si possono trovare qui in America". Complimenti Luigi del Bianco (Le Havre, 9 maggio 1892 – New York, 20 gennaio 1969), morto per silicosi, per colpa degli effetti della polvere delle tonnellate di granito e roccia che nella sua vita aveva lavorato.  In un'intervista all'Herald Statesman nel 1966 disse: "Potevo vedere solo da dove mi trovavo ciò che stavo facendo, ma l'occhio di Lincoln doveva sembrare giusto da molti chilomentri di distanza. Conosco ogni linea e cresta, ogni piccolo urto, ogni dettaglio della sua testa, anche quelli che non vedrete mai...".



GOOD MORNING BABILONIA: E’ il tempo del muto. Griffith sta girando il suo capolavoro: Intolerance. Con lui lavorano due artigiani toscani, bravi a costruire, mani e cervelli in fuga da un’Italia in crisi economica. Non è facile stare lì. La reputazione degli italiani in quegli anni è bassa, molto bassa. Sono poveracci, sono stracci, sono lontani. Il capo scenografo è un’americano, infastidito da questi due pezzenti che il regista ha voluto nel film, con il risultato di rubare lavoro alle maestranze californiane. Non importa che i due siano dei veri maestri nel trattare la pietra. L’insulto è quotidiano. Gli italiani lì oltreoceano sono tutti Dago, Guinea, Guido, Mario, Gino, sono puzzolenti e sovversivi, sfaticati e neri. “Gli italiani pancia al sole, e mani sulla pancia”. E’ dopo un altro sputo, un altro segno di disprezzo, che l’artigiano afferra il braccio del fratello e grida, urla, la sua rabbia, il suo orgoglio. “Queste mani hanno restaurato le cattedrali di Pisa, Lucca, Firenze… Di chi sei figlio tu ?Noi siamo i figli, dei figli, dei figli di Michelangelo e Leonardo; di chi sei figlio tu?”. Di chi sei figlio tu? (Vittorio Macioce)





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