martedì 5 settembre 2017

ENRICO ACCATINO. L'ARTIGIANO DEL '900 CHE VIVEVA PER ESSERE ARTISTA.

"...Il tipo nella foto, in un autoritratto del '43, era mio padre: Enrico Accatino. Nel corso di un incontro con giovani artisti nel 2001 raccontò, per la prima volta, come fosse nata la sua passione per l’arte. Non una passione come tante, ma una “necessità” dalla quale non avrebbe potuto sottrarsi.
Era figlio di contadini piemontesi, che poi avrebbero fatto fortuna nel commercio a Genova, del tutto privi di riferimenti culturali e di letture. In quell’ambiente così semplice, senza libri, tra vignaioli e capomastri, aveva iniziato a ritrarre i musi delle bestie nella stalla e le colline nella nebbia, con mezzi di fortuna e nessun riferimento formale se non i santini della chiesa.
Così a 14 anni, nel 1934, quando seppe che ad Alessandria era arrivato il famoso pittore Carlo Carrà, inforcò la bicicletta per cercare di conoscerlo, pedalando come un forsennato sotto la pioggia per scendere verso la piana. Carrà seduto nel bar in piazza, vedendolo zuppo, e ascoltando i suoi ragionamenti strampalati, lo prese un po’ in giro davanti agli altri notabili del posto. E per toglierselo di torno, gli diede anche qualche spiccio. Che mio padre, girato l'angolo - ci raccontò - gettò lontano. Da quel momento, come disse, fu ancora più convinto di fare il pittore. E di vivere di arte. Ma anche di non voler essere come Carrà, il signore col panciotto, e come molti dei pittori che avrebbe conosciuto negli anni a venire. Perché fare gli artisti, anche di successo, non sempre coincide con l'esserlo."  (Alfredo Accatino)

Enrico Accatino, 1950. Alle spalle il quadro "Gli affogati"finalista al Premio Roma
Autoritratto, 1947
Il suo studio sui tetti di via Chiana prima, e poi di Via Agri divenne un luogo di lavoro, mai un atelier. Un’officina dove si lavorava per produrre idee e visioni, un luogo dove le mani avevano lo stesso rispetto della mente. E anche per questo ebbe rispetto sempre per i più umili tra i lavoratori, che lui chiamava sempre “maestro”. Per questo, dopo aver fatto il pittore per tanti anni, decise, come ci disse, di dare nuovo vigore a una forma artigianale quasi in disuso come l’arte tessile, divenendone in pochi anni il maggiore esponente e promotore taliano.
Cosa non facile far emergere dall'artigianato e da una produzione sterotipata le maestranze. Fece così studiare i titolari delle manifatture inserendo poi l'arte tessile nel processo dei Corsi di Aggiornamento promossi dal Ministero della Pubblica Istruzione. La sfida fu quella di "aprirli" all’arte contemporanea e alle forme espressive aniconiche, suggerendo agli amici artisti (Cagli, Capogrossi) di utilizzare questo nuovo mezzo, così antico. Così ricco di potenzialità e ancora così inesplorato. Un prodotto italiano per eccellenza.

In questo percorso attraversò l'Italia in lungo e in largo alla ricerca delle manifatture più tecnicamente preparate e motivate. A Penne, in Abruzzo, a Castelmassa in provincia di Rovigo, a Sassari, ad Asti, in Puglia, a dimostrazione della trasversalità di linguaggi, tecniche e competenze. 

Enrico Accatino pittore, scultore, progettista e teorico dell’educazione artistica, nasce a Genova il 22 agosto del 1920 da genitori piemontesi. Allievo di Casorati, a Torino, tra il ’43 e il ’46 attraversa anni tumultuosi, che lo porteranno a vivere l’esperienza militare a Manduria, ma anche a lavorare come semplice pescatore nelle Mattanze del tonno di Carloforte.
Diplomato presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, nel 1947 parte con Mino Guerrini per Parigi dove potrà scrollarsi la polvere del provinciale, e frequentare artisti come Severini, Giacometti, Laurens, Matisse, Pignon, Manessier. Andando letteralmente a ripercorrere i sentieri di Cezanne a Sainte-Victoire per rivedere il suo “punto di vista”.


Dal 1949 si trasferisce a Roma, che diventerà da quel momento la sua città di adozione. E dopo tanta fame (lavora addirittura come pittore operaio con Severini all'Eur) sino a fare la prima mostra, e a vincere il Premio Marzotto, all’epoca una sorta di Nobel Italiano delle arti.
Sino al 1957 la sua pittura si ispira ad una figurazione tratta da motivi sociali che distingue la sua opera dal realismo ideologico-politico imperante in Italia in questo dividendosi da Guttuso che, per primo, a Roma comprò alcuni suoi quadri. 
Quello che emerge dal suo linguaggio è un forte sentimento umano teso al riscatto del dolore e della miseria (cicli Pescatori, Mattanza, Madri) che ricerca il tema del lavoro, degli emigranti, delle case di tolleranza.
I primi quadri astratti, dalla forte caratterizzazione geometrica sostenuta dalle vibrazioni di colori controllati (grigi, bianchi, neri, bruni, rugginosi, azzurri), sono databili dalla seconda metà degli anni ’50.
Il motivo conduttore della sua produzione grafica, pittorica e tridimensionale sarà da allora la circolarità: cerchio, disco, ellisse, nelle loro plurime ed intersecate implicazioni. 



Attento studioso e teorico dell’arte, Accatino ha motivato in piú occasioni le sue scelte su categorie estetiche he fondamentali quali il colore, l’astrazione, la tridimensionalità.

Contemporaneamente all’attività artistica Enrico Accatino si è dedicato alla didattica delle arti visive. Dal 1960 al 1964 ha curato una nuova impostazione dell’insegnamento artistico in centinaia di trasmissioni televisive (RAI – Radio Televisione Italiana, Non è mai troppo tardi, Telescuola) con esperienze che egli stesso fece confluire nel primo programma di Educazione Artistica nella riforma della scuola media. Ha pubblicato numerosi e significativi testi di Educazione artistica e Storia dell’Arte, (forma colore segno tocco le 500.000 copie). Primo educatore a parlare apertamente di disabilità e di metodologie dedicate per bambini autistici, spastici, colpiti da sindrome di down o non vedenti.

Enrico Accatino nel 1966 nel primo corso organizzato in Italia di Arti Visive ed espressione artistica per docenti non vedenti.
 

Nel 1980 il Presidente della Repubblica Italiana Oscar Luigi Scalfaro gli ha conferito la medaglia d’oro quale “Benemerito della Scuola, della Cultura e dell’Arte”. 
Colpito da una malattia debilitante, dopo la perdita improvvisa nel 2004 di sua moglie, la scrittrice e poetessa Ornella Angeloni Accatino, co-autrice di molte sue pubblicazioni, continuerà a operare sino agli ultimi mesi del 2006. Morirà a Roma il 16 luglio 2007.


A Parigi, nel 1947, con il pittore Silvio Loffredo (a sinistra)

Enrico Accatino nel 2006 davanti al grande arazzo fatto tessere da Casa di Nepi in Nepal





Enrico Accatino, Casorati, italian master '900, kunst, san salvatore monferrato, premio marzotto, arazzi, tapisserie, incisione, arte astratta, infornale.



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