giovedì 26 agosto 2010

HUGO SCHEIBER, L'AMICO DELLE AVANGUARDIE. E DEL CAFFE' CHANTANT.

Filippo Tommaso Marinetti aveva un amico, che si chiama Hugo, Hugo Scheiber, ed è proprio grazie a lui che il futurismo scavalcò le Alpi, ad Est, e si diffuse da quelle parti come una grido di protesta. 
Hugo era ungherese di Budapest, città dove sarebbe nato nel 1950 e dove sarebbe tornato a morire nel 1950. 
E in mezzo? In mezzo c’è il finimondo, e un amore per le avanguardie che lo porta in Austria, Germania, Francia e Italia, muovendosi come un sognatore anarchico ma sempre con il sorriso sulle labbra. Frequentatore assiduo di Music Hall e teatri, varietà e Caffè Chantant. Intellettuale dunque, sì, ma poco serio  
Talentuoso sin dalle prime prove da autodidatta, in seguito allievo di Papp alla Scuola di Design, sperimenta la pittura parietale studiando e rielaborando tematiche popolari ungheresi. Parte quindi per Parigi e Berlino, che diventeranno in quegli anni le sue città adottive, contaminandosi con i nuovi momenti modernisti e i nuovi fermenti culturali come espressionismo e fauve, aderendo anche al movimento futurista, sviluppando in seguito un progetto mittle-europeo di cubo futurismo che influenzerà profondamente la cultura ungherese e slava. Nel 1923, proseguendo un percorso trasversale viene invitato da Herwath Walden, editore di Sturm ad esporre insieme al gruppo di Klee, Kandinski, Marc, Chagall.
È in questa occasione che conosce Katerine Dreier che lo introduce negli ambienti di New York, città che sembra fatta a sua misura, nella quale si afferma definitivamente, realizza due importanti personali, vendendo le sue opere anche al Brooklin Museum.
Tra i suoi temi preferiti, ovviamente, il mondo del teatro, del varietà, della vita notturna. Ma anche clown e saltimbanchi. Con colori vivi, sempre originali, che piacquero molto al mercato americano. In Ungheria è oggi celebrato come uno dei maestri del secolo. Ora tocca a noi.


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