OUTSIDERS - IL MUSEO IMMAGINARIO

LE IMMAGINI E GLI AUTORI MENO VISTI DEL '900. LE STORIE MAI RACCONTATE.

sabato 30 settembre 2017

PUYO E LA SCONFITTA DEL PITTORIALISMO

Quando la fotografia fu inventata, interessò molti artisti che si diletteranno con il mezzo (e spesso ci si mantennero), o lo utilizzarono per realizzare i bozzetti di quadri, ma per decenni non venne mai considerata un’arte vera e propria, ma solo una tecnica. Un modo per fermare il presente in maniera oggettiva.  A partire dal 1890, un ufficiale francese, comandante di artiglieria in Algeria, inizia a pensare che non fosse così e che la fotografia potesse essere, al contrario, essere considerata Arte. La fotografia – diceva - deve creare una bellezza indipendente dal tema rappresentato, o tale da rafforzarlo. Così i fotografi d’arte dovrebbero essere più interessati alla bellezza piuttosto che a un semplice fatto.  Per questo iniziò a manipolare le immagini, convinto che l’intervento del “creatore” togliesse la prevalenza alla macchina per comuicare l’emozione dell’uomo.

Nymph by Émile Joachim Constant Puyo, 1904. 

 


Émile Joachim Constant Puyo (1857 - 1933) non era un ufficiale qualunque. Era il rampollo di una ricca famiglia, nipote del famoso scrittore Édouard Corbière, e cugino di Tristan Corbière, un poeta che un tempo leggevo e adoravo, così folle da girare per Parigi con un maiale al guinzaglio.  Puyo, che da ragazzo disegnava, e che aveva iniziato a familiarizzare con l’obiettivo riprendendo le proprie opere, riteneva che la elaborazione di una fotografia fosse una vera e propria “espressione di individualità”.  Nel 1896 pubblica il primo volume teorico Notes sur la Photographie Artistique, nel 1902 esce dall’Esercito e si circonda di altri fotografi che ritenevano, come lui, che la fotografia fosse una forma di arte alta, come la pittura o la scultura, tanto da dare vita a un vero movimento, che troverà nel Photo Club di Parigi, fondato da Maurice Bacquet, la sua casa.  Lo stesso Puyo ne diventerà presidente per vent’anni, ma troverà da civile, la sua prima sconfitta.  La cultura delle avanguardie a partire dal 1915 prende a calci le sue teorie, portando la manipolazione su tutte altre strade, all’antigrazioso, al movimento, compreso l’astrattismo. E Puyo si ritroverà, praticamente da solo, a chiudere, alla fine degli anni ’30 la saracinesca del movimento.


 
 
 
 
  
Émile Joachim Constant Puyo




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PHILADEPLHIA WIREMAN. UNKNOWN.

L’arte, una volta, era solo un’esigenza, poi assunse una funzione finalizzata al confronto con la natura e con gli spiriti che la guidano. Era una esigenza quando il primo uomo o la prima donna raccolse un ciottolo che aveva una forma umana e lo portò con sé per centinaia di km, lo fu poi per fini magici, sacrali, scaramantici, per millenni.
Può essere anche ora, come nella storia ritrovata sul sito Outsiderartnow. La storia di Philadelphia Wireman, il nome dato a un artista senza nome, creatore di 1.200 piccole sculture tridimensionali, meglio dire artefatti urbani, scoperti da Robert Leich in una strada di Philadelphia alla fine degli anni ’70. 
 
 
“È stato un caso che queste opere siano sopravvissute” spiega il collezionista e gallerista John Ollman a The Huffington Post “…probabilmente ci saranno centinaia di altri artisti il cui lavoro è sotterrato da cumuli di spazzatura." L’istinto creativo è un elemento potente, ma se non è realizzato in un sistema ‘formale’, si lega ad una difficile questione di sopravvivenza“. Oggetti di uso comune, scarti manipolati, danno vita ad assemblages di puro astrattismo, plasmati con forza. Un’armatura metallica diviene così il supporto per oggetti di differente tipologia: plastica, vetro, imballaggi, ombrelli, nastri, gomma, batterie, penne, cuoio, riflettori, dati e bulloni… E’ come se un atto violento li trasformasse in qualcosa di diverso, tanto da non avvicinarsi all’arte ma un vero e proprio atto sacro. O a una forma compulsiva e rituale.
Nel 1999, un visitatore della galleria Fleisher/Ollman ha riconosciuto questi lavori confermando di aver visto un uomo di colore costruirli sulla sua veranda, nella zona in cui furono poi ritrovate le opere, quartiere storicamente “nero”. Ollman ha inoltre notato una forte relazione tra queste sculture e i Nkisi, oggetti dotati di poteri, tipici della tradizione congolese, realizzati nell’arco di centinaia di anni, che consistono in figure di legno e chiodi che, spuntando in tutte le direzioni, come nelle ampolle della memoria.
Feticci dunque, presenti ancora oggi in zone dell’Africa, per magia nera, o il contrario, per protezione.
Nessuno ne ha rivendicato la paternità.
 
 
Nkisi


Benin, woodo
Il museo immaginario alle 18:47 Nessun commento:
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UNEXPECTED. PIU' CHE UMANI. CELEBRETIES.

Anvedi come balla Gandhi
Jon Wayne
Einstein. che fisico.

Jimi Hendrix, Shampoo

Lautrec fa la cacca.

David Bowie, zia.

Scopritelo...
Ke Hepburn

John Wayne. Dalla cintola in sù tutto l'vedrai.


Groupie. Madonna chiede autografo a Elvis.

Che Guevara, ferro 6
l'ilare Hilary
quel simpaticon di Stalin
Putin. L'unica foto che potevate aspettarvi.
Hitler, Mattacchione!

Scopritelo...
Einsten

Scopritelo...
Le courbusier. grande pennello.
il piccolo Zappa











 
Gene Simmons of KISS.
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giovedì 28 settembre 2017

Il museo immaginario alle 13:33 Nessun commento:
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MARIO CUSSINO, CREATORE DI ICONE


Quando in Italia non esistevano i meme, non esisteva la televisione e il web due cose erano i grandi protagonisti del ‘900: le vignette satiriche e la pubblicità.

Tra i maestri che resero celebri entrambe, come Boccasile o Mauzan, un nome va ben ricordato: Mario Cussino, salito da Potenza a Roma per conquistare il mondo, rinunciando alla sua laura in Giurisprudenza per fare l’illustratore.

Nato nel 1900, morto nel 1990 ha collaborato con il periodico umoristico "Il Travaso e "Il becco giallo" con altre testate di satira, realizzando negli anni '30 anche un ritratto dei "tipi romani" e della vita in città in 36 vignette.

E’ però legato a due icone del proprio tempo, come la celebre immagine pubblicitaria del Cachet Fiat, con le mani a cerchio lette sempre in maniera equivoca, e la serie di pubblicità e vignette della serie Magnesia San Pellegrino, oggetto di collezionismo al tempo al pari delle figurine del Feroce Saladino.

Negli anni ’20 apre anche la premiata ditta Allestimenti Cussino (1922-1983) con la quale realizzerà gli allestimenti per la Mostra della Rivoluzione fascista, una delle più spettacolari mostre (di regime) mai organizzate in Italia.

 



Il Sor Capanna, cantante di strada, tra le figure mitiche della storia di Roma




Il museo immaginario alle 13:22 Nessun commento:
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martedì 26 settembre 2017

BIGLIETTI DA VISITA. CHI SEI. E CIO' CHE VORRESTI ESSERE

Ormai quasi più nessuno, privatamente, li commissiona e li detiene, come le sputacchiere o i bastoni da passeggio, ma sono uno specchio fedele del proprio tempo. Io li feci fare per mia figlia, a 9 anni, con sopra scritto GIULIA e sotto BAMBINA ...ma lei si vergognava e li usò pochissimo. Reggono bene invece quelli pensati per il business e di solito dopo che li ricevi, li lanci in una scatola e li dimentichi. Leggi Wiki e scopri che sono stati inventati nel 1700 in Francia, per poi venire adottati in Italia a partire dal 1730, tanto che se ne trova una citazione in Carlo Goldoni:

«Partendo da Bologna, facendo a lei ritorno, in visite una volta spendeva tutto il giorno: ora con i biglietti supplisco a ogni impegno.
Ah! I Francesi, i Francesi hanno il gran bell'ingegno!»
Il Cavalier Giocondo, 1755

Non ne sarei così certo. Pericle ad esempio faceva precedere le viste alla sua amante Aspasia di Mileto, intorno al 440 a.C da una striscia di papiro con scritto sopra il proprio nome. Sino alla fine dell’800 furono di fatto territorio dei tipografi, che ne codificarono impostazione e grammatura (circa 350 gr.). 
Poi con le avanguardie che equiparano la grafica all’arte, si capì che poteva dare spazio a nuove esplorazioni, ma sono rimasti una delle grandi risorse delle tipografie sino al 2000, prima di perdere definitivamente diffusione. Eppure hanno uuna funzione sociale precisa. Perché un biglietto da visita non ti dice solo che ci sei, ma chi sei, e, soprattutto, chi vorresti essere.








 







































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