OUTSIDERS - IL MUSEO IMMAGINARIO

LE IMMAGINI E GLI AUTORI MENO VISTI DEL '900. LE STORIE MAI RACCONTATE.

giovedì 13 luglio 2017

UNEXPECTED. PIU' CHE UMANI. CELEBRETIES.

Anvedi come balla Gandhi
Jon Wayne
Einstein. che fisico.

Jimi Hendrix, Shampoo

Lautrec fa la cacca.

David Bowie, zia.

Scopritelo...
Ke Hepburn

John Wayne. Dalla cintola in sù tutto l'vedrai.


Groupie. Madonna chiede autografo a Elvis.

Che Guevara, ferro 6
l'ilare Hilary
quel simpaticon di Stalin
Putin. L'unica foto che potevate aspettarvi.
Hitler, Mattacchione!

Scopritelo...
Einsten

Scopritelo...
Le courbusier. grande pennello.
il piccolo Zappa
 
Gene Simmons of KISS.
Il museo immaginario alle 20:03 Nessun commento:
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IL PITTORE CHE DIPINSE LA VERITA’ SEGRETA DI HERMAN GOERING

Imre Goth (1893-1982) pittore ungherese, ebreo, ottenne all’inizio degli anni ’30 un notevole successo anche in Germania per la sua capacità tecnica, per molti versi vicina alla Nuova Oggettività, tanto da venire pubblicato con una serie di suoi lavori di ritratto sulle riviste più alla moda. Uno stile elegante che porta i corpi a stagliarsi sullo sfondo, secondo una tecnica sviluppata anche in quegli anni da Donghi e da Cagnaccio di San Pietro.
Queste pubblicazioni glamour finirono nel 1934 tra le mani di Herman Goering, luogotenente di Hitler, che voleva donare un ritratto alla sua amica del momento e che chiese di incontrare il pittore. Scoprirono subito una comune passione per l’aeronautica (Goering era stato un asso dell'aviazione) che creò, almeno all’inizio, un clima cordiale. Tanto che subito dopo Goering gli chiese addirittura il proprio ritratto, un grande onore al tempo. Ma è qui che cominciano i guai.



Imre dipinge quello che vede. Un uomo corpulento e precocemente anziano, con  occhi gelidi e annacquati, nei quali nuotano 2 pupille grande come spilli, che rivelano inequivocabilmente la dipendenza dalla morfina, acquisita durante la prima guerra mondiale, che Herman si inietta regolarmente con la sua siringa d'oro. 
Una dipendenza da droghe, soprattutto metanfetamine, che caratterizzò tutto il Reich (oggi oggetto di nuove ricerche) che divenne poi inarrestabile durante la guerra, quando l'esercito iniziò a distribuire ai combattenti milioni di pasticche.
Quando, una volta finito il lavoro, Imre mostrò la tela, Goering si infuriò e chiese immediatamente di modificare il dipinto così diverso dalla retoria ufficiale, è così spietato, e tale da rivelare la sua debolezza. ottenendo, incredibilmente il rifiuto del pittore.
Lui diceva, semplicemente, che non era possibile. 

Lui dipingeva ciò che vedeva e che non avrebbe mai potuto tradire la propria etica. L'incontro finì quasi in rissa.

Imre ne rimase sconvolto. Si rese conto però che stava rischiando troppo, e temendo per la sua stessa vita, scappò poco dopo dal Paese portandosi dietro il dipinto, del quale si perse traccia.

Dopo essere stato internato in un campo di prigionia dell’Isola di Man per cittadini stranieri (luogo comunque terribile) la tenne infatti coperta in casa, in Inghilterra, per 30 anni, per poi affidarla a un sua amica con la richiesta di distruggerla dopo la sua morte, avvenuta nel 1982 a 89 anni.
Cosa che l’affidataria non fece.
La tela riemerge così nei primi anni 2000 e viene messa in vendita nel 2011 con un prezzo di riserva di 8000 sterline. Tre anni dopo il prezzo è salito a 70,000 euro, prima che se ne perdesse nuovamente traccia.
 

La pubblicazione recente degli inventari della collezione di Hermann Goering non solo ha evidenziato e quantificato la voracità inesausta (e incontrollata) di opere d’arte del gerarca nazista, suicida dopo la condanna a morte di Norimberga: il Catalogo elenca 1.376 dipinti, 250 sculture e 168 arazzi, ma anche nomi e cognomi dei venditori e derubati. Solo una opera su 12 risulta acquistata.





Il museo immaginario alle 19:13 2 commenti:
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BULLETT BRAS. IN ALTO LE MANI. GIU’ LE MANI.

C’è una teoria che mi ha sempre affascinato, secondo la quale le cupole delle chiese e degli edifici sacri di ogni cultura rispecchierebbero la forma della coppa del seno di quello specifico territorio...



Così, ogni cosa avrebbe un senso, dalla grande cupola romana, ardita e protettiva, alle cupolette delle chiese austriache e delle valli di montagna, sino alle forme allungate delle moschee africane del mali. Mentre al contrario la torre del Mohezzin ricorderebbe sempre la sua tradizione fallica, di maschio sopra a tutto.


Così, per dire, ma non è un caso, forse, che i Bullet Bras, i reggiseni a forma di proiettile, ricordino alcuni grattacieli americani come il Chrysler Building eretti negli anni ’40  o i missili e le bombe che avrebbero fatto vincere la nazione.
Hanno rappresentato uno degli elementi più iconici della biancheria intima anni ’50, resi celebri dalle pin-up di Hollywood e delle riviste per adulti, ma anche dalla Silvana Mangano, risaia in Riso Amaro. Tanto che molti credevano che le donne fossero effettivamente fatte così e alla fine cercavano, come nel caso di Alice Denham, donne che assomigliassero geneticamente ai loro reggisegni.


La forma caratteristica del reggiseno bullet (originariamente chiamato il reggiseno Chansonette), nasce per opera di Frederic Mellinger che aveva aperto un negozio chiamato "Frederick's of Hollywood" sul Hollywood Boulevard e aveva già creato il primo reggiseno push-up al mondo, diffondendo l’idea la biancheria servisse allo scopo di far sentire una donna nel suo corpo: un'idea in effetti molto moderna.

 


Un paio di anni dopo Maidenform creò il primo reggiseno a punta pensato per determinare quel look "aggressivo" nei loro busti che ti fa credere di essere minacciato da due pistole automatiche.
La forma a cono è stata data dalla cucitura a spirale e ha reso ancora più esagerato le forme classiche degli anni ’40. Il modello, caduto in disuso con la rivoluzione del 1968 tornò in auge nel 1999 anche in seguito ai corsetti fatti da Jean Paul Gaultrier per Madonna. Ora è appannaggio del burlesque e di una piccola nicchia di appassionati di silhouette d'epoca. bang bang.


 










Il museo immaginario alle 13:52 Nessun commento:
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mercoledì 12 luglio 2017

IL PIU' BELLO DEI SUICIDI?

Il 1 maggio del 1947, giorno di festa, la 23enne Evelyn McHale (September 20, 1923 – May 1, 1947) si mise in fila, pagà il biglietto, e poi si gettò dall'86° piano dell'Empire State Building centrando in pieno una limousine parcheggiata lì sotto,  che si adagiò intorno al suo corpo con la mollezza di una stola di seta.
Lo studente e fotografo Robert Wiles udì lo schianto e scattò questa foto che venne pubblicato da un quotidiano, poi rubato dalle altre testate del Paese.
Lo scatto
colpì tutti e venne chiamato giornalisticamente, come accade ancora oggi, "il più bello dei suicidi" per il contrasto tra la serenità del volto della ragazza e della posa in contrapposizione alla violenza dell'effetto della caduta. Con quei guanti bianchi da Appuntamento al Tiffany e le calze avvolte mollemente intorno alle gambe come in una deposizione di Mantegna. E' divenuto un meme, replicato nel tempo, utilizzato spesso anche con finalità commerciali. E nella morte, Evelyn, appare ancora più bella che in fotografia.
Anni dopo, l'artista pop Andy Warhol comprò lo scatto per farne un multiplo.
Nessun suicidio è bello.

 


Evelyn McHale, 2015. Sound and Sculpture installation.



 

incidente stradale a Città del Messico 1979 della famosa giornalista Messicana Adela Legarreta Rivas che stava attraversando la strada
sembra una foto di Vogue

Mafia Boss Joe Masseria Lays Dead On A Brooklyn Restaurant 
Floor Holding The Ace Of Spades, 1931


The Remains Of The Astronaut Vladimir Komarov, A Man Who Fell From Space, 1967


Il museo immaginario alle 15:13 1 commento:
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